Quando la caduta è un'occasione di rinascita.

 


Quando la caduta è un'occasione di rinascita 

Questo è un pensiero che mi sta accompagnando oggi, perché, camminando tra le strade di questo paesino del Veneto, Arquà Petrarca, mi sono imbattuto in un castelletto, in una zona collinare, dove c'è un monumento dedicato ai caduti.

E questo mi ha fatto pensare a varie cose.

 

La prima è che, di solito, in quasi tutte le città ci sono dei luoghi in cui si ricordano i caduti della città durante le guerre, ringraziandoli in qualche modo del loro sacrificio, per aver messo le basi – in un certo senso – per la società nuova.

È un'idea che, in qualche modo, non sento che mi appartenga molto come concetto, che non condivido, però la rispetto.

 

La seconda cosa che però mi ha stimolato questo stare qui, in questa giornata ventosa e fresca dopo le giornate bollenti e roventi di questi giorni, è che mi sta portando l'attenzione all'importanza del concetto di sciogliere l'idea della caduta, dal fallimento.

L'importanza del comprendere quando le possibili cadute della nostra vita siano delle possibilità di vedere il mondo da un altro punto di vista e non uno spazio di sofferenza o di mortificazione.

Diciamo che cadere ci porta molto spesso a toccare con la faccia il pavimento, il prato, la terra.

E probabilmente è qualcosa di interessante, perché ci offre l'opportunità di scendere da un livello in cui la visione – la visuale – è di un certo tipo, ad un piano in cui la visione diventa più essenziale.

Vedere il mondo da terra, dal punto di vista più basso possibile, ti permette di vedere dove stai appoggiando i piedi, o dove li hai appoggiati finora. E quindi capire se i tuoi piedi stavano camminando su un terreno per te favorevole – un terreno in cui poter costruire qualcosa, mettere delle basi – oppure su un terreno per te non sincronico, un terreno per te non equilibrato o, quantomeno, non affine al tuo viaggio.

E già questo è uno strumento importante. Perché a quel punto, da terra, puoi comprendere bene se il terreno è accidentato – e quindi ti dà la possibilità di cambiare l'attenzione che metti nei tuoi passi – ma ti dà anche la possibilità di scegliere, eventualmente, una nuova strada in cui tu ti possa sentire più a tuo agio. In cui tu possa sentire che appoggiare i piedi, in quel momento, significhi poter risentire il rimbalzo della terra che ti permette di fare dei passi più leggeri.

 

Altra cosa interessante, nelle cadute, è che probabilmente da lì puoi guardare il mondo da un punto di vista diverso. Cioè, puoi spostare lo sguardo verso l’alto.

Ed è un po’ quello che fa l’Appeso nei Tarocchi: nella sua posizione a testa in giù, è l’unico che riesce a vedere con naturalezza il cielo.

E nel momento in cui riesci a vedere il cielo, ti accorgi se ci sono delle nuvole, e di sera se ci sono delle stelle. Dal basso puoi vedere dove sono gli astri.

Ed è guardando il cielo, stando appoggiati con la schiena alla terra che hai la possibilità di scorgere lo spazio che c’è oltre le stelle fisse, quindi di avere la possibilità di scorgere l’occasione di cogliere qualcosa che è al di là del prestabilito.

Che è un po’ quello che facciamo quando attiviamo dentro di noi la voglia di andare a riscoprire i nostri desideri più profondi: un andare oltre ciò che il mondo ha stabilito – apparentemente – per noi.

Che le stelle hanno definito per noi.
Solo con questa attenzione, con il sapere chi siamo ora che possiamo accogliere e guardare le cose con un nuovo punto di vista, che ci permetta di spostarci al di là.

 

Quindi succede che spesso una parte di noi più “Sapiente” ci costringe a mettere i piedi in fallo e cadere. Forse perché è il modo che abbiamo conosciuto da bambini, quando per imparare ad andare e a camminare, c’era la necessità di provare e riprovare, e questo ci faceva ritrovare spesso con il sedere a terra. Probabilmente questo è il modo che abbiamo inconsapevolmente imparato ad usare: che per spostarci da una zona di comfort in cui ci siamo rinchiusi per tanto tempo, forse dobbiamo prima cadere.

E la caduta, in tutte le sue forme, è probabilmente un’occasione per vedere cosa del nostro mondo non ci piace più, dandoci l’opportunità di aprire gli occhi e osservarlo con sguardo nuovo, ridefinendo in modo più chiaro ciò che desideriamo nella nostra vita.

Ed è quello che mi capita spesso, di proporre negli incontri, nelle sedute o nei percorsi collegati ai desideri con il DIAMA (dall’immaginazione alla magica azione): avere l’occasione di partire da ciò che non ci piace più.

E ciò che non ci piace più spesso diventa un motore potente per andare a prenderci quello che desideriamo.

Capire che cosa non vogliamo più non è sempre facile.

E le cadute sono delle occasioni importanti da questo punto di vista, perché definiscono la possibilità di spostare l’attenzione da ciò che stiamo vivendo e dalla strada che stiamo percorrendo.

E quel farsi male – metaforicamente o fisicamente – a volte è porre un’attenzione che il nostro corpo ci chiede di ascoltare, perché per tanto tempo siamo stati sordi.

 

Quindi, forse potrebbe essere utile avere un luogo fisico o anche dentro di noi in cui si ricordano le cadute non come lutto o nostalgia, non per rievocare le sofferenze del passato, ma come occasioni, trampolini che ci hanno permesso di risvegliarci, dandoci l’occasione di generare qualcosa nel presente. Un presente che può diventare l’occasione per puntare lo sguardo oltre ciò che già conosciamo, e andarci a riprendere quello che veramente siamo.

Dei luoghi che ci siano utili per ricordarci il nostro potere innato di trasformare le cose, il luogo della vittoria e della gioia, lo spazio dove poter celebrare ogni giorno il nostro essere liberi e felici di riscoprire quanto la vita è bella se decido di viverla in pienezza.

 

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Scrivere mi permette di mettermi in ascolto, di collegarmi alle storie che hanno il desiderio di essere raccontate. Esserne tramite è una gioia difficile da spiegare, anche per uno che di mestiere fa il comunicatore. Entra ad assaporare questo viaggio.