Ha senso il "senso di colpa"?

 


Nell’italiano abbiamo un grosso problema, perché spesso usiamo parole che hanno o hanno acquisito nel tempo significati diversi.

Se chiedo un “caffè”, mi danno un caffè, poi su cosa sia un caffè in funzione dei dove ti trovi nel mondo questa è un’altra questione.
Ma se dico “amore”, quante tipologie di amori diversi ci sono che non identificano una cosa unitaria?
Ad oggi diciamo o chiamiamo amore, alle amiche, alle fidanzate, alla mamma, ai figli, ai nostri animali, ma sono tutte forme d’amore che con la stessa parola indicano cose, sensazioni e sentimenti diversissimi.
Altra parola interessante è “senso o sensi”, per parlarne bene mi sono andato anche a documentare sul vocabolario della Treccani, per capirne l’etimologia precisa e qui si parla di “percepire” qualcosa che arriva dal mondo esterno e che attraverso degli organi specifici del corpo io posso acquisire e valutare.
Quindi per capirci meglio quando parliamo di “sensi”, ci colleghiamo ai famosi cinque sensi: tatto, olfatto, gusto, vista, udito.
Attraverso di essi abbiamo la possibilità di interagire con il mondo intorno, cogliendo gli stimoli esterni e a nostra volta reagire ad essi, sia per cose piacevoli, che per pericoli.
Quindi i “sensi” sono sempre connessi ad un organo sensoriale fisico, ci sarebbe anche il famoso sesto senso, che spesso si manifesta o con percezioni nel corpo o attraverso una vocina interna che ci permette di cogliere con anticipo delle possibilità che stanno per avvenire, ecco a questo forse non possiamo associare un organo preciso, ma di sicuro possiamo associarci le sensazioni fisiche e corporee che ci restituisce quando è in azione.
Quindi se il senso, i sensi sono funzionali nel definire e determinare il nostro rapporto con il mondo esterno dandocene una percezione fisica, perché sono state coniate parole che hanno al loro interno la parola "senso", ma che di fisico non hanno niente?

Mi spiego meglio ponendola come domanda: il senso di colpa, il senso del dovere, il senso dello stato, e via dicendo, hanno “senso” se non sono connessi ad un organo fisico esistente, concreto che mi permetta di determinare sul corpo una risposta reale?
Questa riflessione oggi stimolata da alcune meditazioni e da dialoghi con chi amo, mi ha acceso una lampadina, si perché siamo così confusi da ciò che intorno a noi è stato creato, da confondere ciò che veramente il nostro corpo sente e percepisce, con una serie di storture, che tendono a violentare il sentire individuale al punto tale da perdere completamente il rapporto con il nostro corpo, i nostri desideri e la ricerca della felicità.
Farci credere che il senso di colpa sia qualcosa di reale e di concreto, farci credere che il senso del dovere sia una necessità inderogabile, convincerci che il senso dello stato sia una impellenza sociale tale da doversi annullare nella propria individualità, per diventare un unico corpo con una sola testa, è una operazione di violenza oltre ogni limite immaginabile, che inizia sistematicamente già da prima che nasciamo.

Quando indirizziamo la nostra vita guidati da sensi di colpa, del dovere e oserei dire sensi deviati, stiamo dando le redini della nostra vita ad un conducente pazzo, che ci guida per sentieri e strade totalmente lontani da quello che il nostro corpo desidera e questa continua lotta che si instaura tra ciò che desidero e ciò che non posso fare, ci porta a spegnere ad un certo punto il nostro vero sentire per seguire qualcosa che inizia a creare danni nel nostro stesso corpo. 

Se guardo una rosa rossa, è rossa perché io ne ho fatto esperienza e non potrò mai determinare se quel colore è lo stesso anche per chi mi sta accanto e non potrò mai sentire quel colore che effetti ha sul corpo dell’altro, ma posso solo comprendere quali effetti ha sul mio. 
Se tento di imporre all’altro cosa deve sentire, gli creo intorno una cappa di credenze che tenteranno di metterlo solo in guerra con sé stesso, perché ciò che sente non è quello che il fuori gli restituisce e questo porta a vivere la vita con grossi disagi e sofferenze. Soprattutto perché il potere che spinge un certo mondo esterno, è molto forte nel voler che le cose noi le percepiamo come desidera lui. 

Detto questo mi sono chiesto: ma come si fa allora?
A dire la verità non ho una ricetta per questo, quello che è successo a me in questi giorni è che ho avuto la fortuna di comprendere che il senso di colpa che mi ha accompagnato per tanto tempo, è solo uno stato illusorio, che addirittura agiva sotto traccia, perché praticamente non ne ero totalmente consapevole.
Io ho pensato e creduto di aver fatto un errore e a causa di quello, di non meritarmi più nulla di buono dalla vita.
Da ragazzo, in adolescenza non sono stato accanto ad un amico, che a fronte di un incidente perse la mobilità alle gambe, per anni mi sono colpevolizzato di non essere stato un buon amico e questo ha scavato tanto, perché aveva radici molto più antiche che ho intercettato nell’infanzia. La verità è che io non sapevo come poterlo guardare negli occhi, non avevo gli strumenti e la forza per poter sostenere quel dolore, avevo una paura terribile di dover vivere la vita senza la forza che avevo sempre visto in lui e su cui avevo appoggiato tante mie sicurezze. Non sapevo come comunicare tutto questo dolore al mondo esterno, affinché mi desse una mano per affrontarlo e superarlo. Da quello si è moltiplicato un giudizio e un senso di colpa che ha tagliato fuori dalla mia vita una parte della mia stessa vita, ho pensato da quel momento di non meritarmi, di non potermi godere le cose belle che la vita mi offriva.
Un evento in cui si innesta un giudizio che può essere esterno (a volte basta una parola ascoltata per sbaglio da un genitore o una persona influente), ed ecco che inizi a credere cose di te che non sono vere e che non esistono, perdendo completamente il dialogo con il corpo, che iniziamo a percepire a tratti come un nemico.

Per fortuna grazie alla mia esigenza di comprendere e la fortuna di avere accanto persone tanto luminose, ho avuto la possibilità di ricevere degli abbracci che portando nel mio corpo le vere sensazioni di ciò che avevo vissuto, mi hanno permesso di capire che se pure in passato ho commesso degli errori, quelli erano frutto di inesperienza e poca conoscenza, che non presuppongono mai un concetto di colpa, ma solo di qualcosa che va imparata vivendo e facendone esperienze.

Non so questa volta come concludere questo testo, perché mi rendo conto di quanto riuscire a riallargare il nostro mondo sia spesso un viaggio complesso, ma quello che mi sento di dire con forza è che la verità del nostro corpo, è qualcosa che ci permette di dialogare con se stessi, riuscendo a comprendere con chiarezza in che modo ci stiamo muovendo nella vita.

Ciò che mi sto riproponendo, è di iniziare a ridare forza ai sensi fisici del corpo, a riprendere in mano la comprensione dei codici che mi concedono di sentire il mondo intorno, cercando di abbattere il più possibile i filtri che ne offuscano la sua bellezza.
Le illusioni a cui abbiamo creduto si sgretolano quando riprendiamo a rivedere le cose con il tocco dell’essere bambini, che utilizzando i sensi, iniziano a comprendere come camminare, muoversi e costruire il loro mondo.

Quindi il mio augurio è che tu abbia: buon respiro, buon ascolto, buon gusto, buon tocco e buona visione e quindi una buona vita!

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Scrivere mi permette di mettermi in ascolto, di collegarmi alle storie che hanno il desiderio di essere raccontate. Esserne tramite è una gioia difficile da spiegare, anche per uno che di mestiere fa il comunicatore. Entra ad assaporare questo viaggio.