Giacomino e la verità dei suoi occhi



 
Giacomino è un bambino curioso, si aggira per la piazza del paese chiedendosi ogni volta cosa nascondano le innumerevoli bellezze che questa sua cittadina custodisce. Di tanto in tanto si domanda perché gli adulti, ognuno a suo modo, si muovano solo e soltanto in uno spazio ristretto, mentre i bambini cercano di spingersi ogni volta un po' più in là rispetto al recinto che fisicamente non vedono, ma che i grandi dicono di vedere chiaramente.
Provo a scendere da questo mio piedistallo da adulto e ad entrare nel mondo di Giacomino e subito mi accorgo che dove io vedevo un cancello alto e con pericolosi e appuntiti spunzoni, c'è solo un prato fiorito, con al centro un pittore che sta disegnando un’alba lunare in pieno giorno. Intorno a lui si muovono strani e coloratissimi animaletti, una vocina mi dice: "Sono tenere e colorate farfalle". Mi avvicino, tanto il corpo in cui mi muovo non è il mio e con la voce di Giacomino gli chiedo: “Cosa stai facendo?" lui che si chiama Piero mi dice: “Porto sulla tela le mie sensazioni, lascio che quello che il mio corpo percepisce, diventi un'immagine di bellezza".
Quindi facendomi forza dello stare nel corpo di Giacomino impertinente gli chiedo: "Ma quello che vedo su questo quadro, non è la realtà che ti sta intorno!".
Piero sorridendo risponde: "Il mondo vive se tu lo lasci fare, per vederlo pienamente devi imparare a giocarci, lanciando lo sguardo oltre quello che il pauroso saccente dentro di te vorrebbe importi di vedere", mi fa un occhiolino che immediatamente mi spinge fuori dal corpo di questo bambino.
Mi guardo intorno e ciò che vedo ora è Giacomino con Piero, che piano piano scompaiono con i loro colori, dietro quell'enorme cancello. Mi assale un violento senso di colpa, ho portato io il bambino lì dentro, mi catapultò verso la recinzione infernale, provo ad afferrare con impeto le sbarre, con l'intento di scuoterle con forza, ma appena le tocco si aprono dolcemente restituendomi le farfalle che facevano da cornice a Giacomino e Piero.
Mi volto verso la piazza del paese e solo ora mi rendo conto che questo coloratissimo parco c’è sempre stato e io non lo conoscevo.

Spinto dalla curiosità e da questa risvegliata capacità di vedere cose che finora non coglievo, mi muovo in mezzo a tanti uomini e donne con finti sorrisi e punto diretto verso un enorme palazzo antico: è tutto nero e fatiscente, ci appoggio la mano e per un istante prima di essere arrestato da gendarmi furiosi, ho scorto un antico e luminosissimo tempio, dove delle donne in abito bianco danzavano leggiadre.

Sono tre giorni ormai che piango disperato dietro queste sbarre, il giudice ha decretato: “Sei condannato alla prigione a vita per aver causato disordine pubblico, infrangendo le regole del vivere comune. Ti imponiamo per decreto regio la punizione massima per questa tua debolezza”.
Piango e mi dispero e più lo faccio e più mi accorgo che la cella si restringe. Ai piedi ad un certo punto mi compaiono delle grosse catene, che mi bloccano nel mio andare in questi pochi metri in cui la mia vita si è ora trasformata.
Mi butto a terra e piango contro questo destino infame, sembra che io non sappia fare altro. Quando all’improvviso un nome, come una piccola lucina mi illumina il pensiero: “Giacomino!” e come in una immensa deflagrazione, questo semplice nome, come un fiume luminoso mi invade il cuore e spinto da una forza nuova mi alzo in piedi e con un solo tocco delle mani le catene scompaiono in coloratissime farfalle svolazzanti. Il mio passo ora deciso di avvicina alla grata della prigione e come per incanto ad un solo leggero tocco si apre, lasciandomi libero di andare.
Deciso a non voltarmi ancora, avanzo per la piazza principale scrollandomi di dosso tutto questo grigio ancestrale e ad ogni passo coloro di nuovo il mio passaggio.
Sono di fronte al terribile antico palazzo, mi volto indietro e un esercito penitente mi sta rincorrendo per riportarmi all’interno del loro mondo, con un saluto sorridente spicco un balzo e vestito di bianco luminescente mi ritrovo a danzare, con fattezze sensuali e femminili, in un cerchio di armonico accoglimento.
Danzo e volteggio fino a notte inoltrata, consapevole di quanto sia ampio lo spazio intorno di cui ora posso godere. 
Volteggiando, volteggiando al ritmo del mio cuore riscoperto, mi ritrovo di fronte al mare al tramonto. Mi si avvicina Piero il pittore e mi dice: “Mi piace questa luce qui, perché così vedo le ombre più lunghe e meno nette che in altri momenti del giorno non potrebbero manifestarsi e ciò che insieme disegnano è qualcosa che crea magia”, in modo naturale ora riconosco Piero come una parte di me e senza ulteriori tentennamenti, gli concedo di riprendersi il suo posto, entrando delicatamente nel mio cuore.
Chiudo gli occhi felice di questo risveglio e aprendoli mi ritrovo a volare, accanto a me tenendomi per mano c’è Sophia, la danzatrice vestita di bianco che sono stato e senza comunicare a parole mi dice: “Lo senti come è volare sopra le tue paure, così puoi entrarci dentro, sapendo che da quelle puoi liberare il tuo volo se le restituisci con amore al loro gioco. Che siano tue o di chi ami, sei tu a determinare se fartene imprigionare o ringraziarle per la lezione che ti hanno insegnato. Ora prendi un respiro profondo e lascia che con il mio si fondano in uno soltanto”.
Seguo il consiglio, grato oltre ogni confine e mi ritrovo come per magia con i piedi ben poggiati a terra nella piazza del paese, Giacomino mi tiene per mano e sorridendo mi dice: “Guarda lì che buonissimi dolcetti!”.
Io sentendone appena il profumo, mi affido a questo sapiente maestro lasciando che mi spalanchi gli occhi e a quanto pare lui sa davvero come ci si diverte.

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Scrivere mi permette di mettermi in ascolto, di collegarmi alle storie che hanno il desiderio di essere raccontate. Esserne tramite è una gioia difficile da spiegare, anche per uno che di mestiere fa il comunicatore. Entra ad assaporare questo viaggio.