"A cosa sei disposto a rinunciare per essere felice?"
Che domanda bizzarra che mi viene posta, rinunciare a qualcosa per essere felice, in che senso?
La rinuncia è verso l'inutile o l'utile?
Perché se è verso l'inutile non dovrebbe essere una rinuncia, diversamente se è verso qualcosa che ci è utile o ci piace, mi sembra che nella domanda ci sia un concetto di sacrificio.
Rinuncio a qualcosa per essere felice, ma come faccio poi ad esserlo veramente, se mi è costato fare a meno di qualche cosa o qualcuno a cui tengo?
Ed ecco che viene in mio soccorso il fiume che nel suo scorrere lento, mi mostra una strada mutevole costantemente, dove l'acqua di ora è diversa, ma stessa sostanza di un secondo fa.
Se la raccolgo tra le mani e poi la ridono al fiume, una parte di me né è stata trasformata e la mia essenza ora è rilasciata e va. Non ho perso nulla, arricchendomi allo stesso tempo, di sicuro della freschezza, della purezza, e del messaggio cristallino. Ma anche la mia carezza, di sicuro ha rilasciato in questo fiume antico qualcosa che lo ha reso più felice.
Le trappole della mente a volte sono così, ci fanno credere che per essere felici, c'è sempre bisogno di fare qualcosa, rinunciare a qualcosa, chiuderci in noi stessi, perdendo il contatto con la bellezza che l'altro porta con sé, fosse anche nelle sue paure.
Ti tocco, e mi tocchi anche se a farlo è il pensiero che mi porta a te, che tu sia mio fratello, una amica, uno sguardo sfuggente che mi passa accanto, la donna che desidero.
Nella rinuncia c'è paura di accogliere e nessuna rinuncia porta all'amore, questo le gocce di acqua del fiume restandomi sulle mani mi hanno comunicato.
Ed ora la gioia è nella "Quiete" che ascolto, accogliendo lo scorrere dei doni.